SCUOLA TIANDIHE

Arti Marziali, Musica e Meditazione

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PROTEGGERE LA VITA: LA VIA DELLE ARTI MARZIALI

I° Parte

Quando una psicologa chiese al M° Yuan ZuMou delle motivazioni che portano a praticare le arti marziali, egli si soffermò sull’etimologia del carattere WU (in giapponese BU) che solitamente viene tradotto come Marziale o Guerriero.
Questo ideogramma dipinge una mano che si oppone (non impugna) ad un’alabarda.
Quindi WU significa opporsi alle armi, alla forza, alla brutalità e la frase Wudao (in giapponese Budo) più che con “la Via del Guerriero” si dovrebbe tradurre come “Via di colui che ferma la guerra”.
Questa è la motivazione che dovrebbe dirigere i praticanti di arti marziali, ma è evidente che spesso la pratica risulta essere solo una preparazione sportiva o di difesa personale, fino a scadere anche in pratiche in cui parole come “eliminare” , “terminare” o “distruggere” sono sulla bocca di studenti anche giovanissimi.
Forse la visione Taoista delle arti marziali, come possiamo comprenderla da classici quali il Daodejing o il Zhuangzi e la visione occidentale delle arti marziali hanno coinciso in Europa solo nel periodo d’oro della Cavalleria. Il cavaliere conosceva il digiuno, la veglia, la preghiera e metteva al servizio della collettività la propria abilità impegnandosi a proteggere deboli ed oppressi… proprio il significato della parola WU: fermare la brutalità, impedire l’ingiustizia.
I praticanti di tutti i tempi, che non siano semplicemente macchine da guerra ed esecutori di ordini, prima o poi si pongono la domanda: “perché combatto?” oppure “Per che cosa combatto?” o “Da che parte sto? Dalla parte di un sanguinario o dalla parte di chi protegge la Vita?” Naturalmente messi alle strette tutti rispondono con la seconda opzione… ma è caratteristica umana razionalizzare, coprire i propri impulsi di morte con buoni propositi.
Come aiuto a meglio comprendere la Via delle Arti Marziali e per far luce sulle motivazioni di chi le pratica ho scelto dei versetti tratti dal XXXI capitolo del Daodejing:

Ecco cosa sono le armi
sono strumenti di morte
non sono strumenti del saggio
Egli le usa
contro la sua volontà.

E’ chiaro che “armi” sono anche tutte le tecniche a mano nuda che possono ferire ed uccidere come un’arma. Il saggio non le ama, ma le usa!
Questo è sconvolgente per la nostra mentalità, ma a mio avviso solo perché la cultura occidentale negli ultimi due millenni è abituata all’ipocrisia. Ai tempi dell’impero romano un pacifista filosofo neoplatonico, obbligato dalle circostanze ad abbracciare le armi, avrebbe capito perfettamente le parole di Laozi, il “Vecchio Bambino” autore del Daodejing. Ma successivamente una religione (e cultura) come quella cristiana diventò religione di stato… una religione che pone al centro del proprio messaggio l’Amore.
Non voglio qui parlare dei valori, nobilissimi e trascendenti, del cristianesimo; voglio solo far notare come la cultura europea é stata ed è vissuta da altre culture: alcune popolazioni native dell’America definivano i bianchi: “colombe con artigli d’aquila” probabilmente perché si presentavano bene, con valori forti quali amore e fratellanza, ma poi il loro reale modo di vivere li contraddiceva.
Riporto un’esperienza personale. Mi trovavo a Parigi ad accompagnare (in una città che neppure io conoscevo bene) una delegazione di maestri di arti marziali provenienti dalla Mongolia… non solo era la prima volta che venivano in occidente, ma per molti di loro era la prima volta che indossavano abiti occidentali (acquistati a Pechino). Il cinese, che parlavano male come lo parlo io, era l’unica lingua che ci permetteva di comunicare. Nei giorni precedenti avevo imparato ad ammirare questi uomini dal fisico possente, i loro silenzi, la predisposizione al riso ed alla meraviglia, quando, durante una cena, rimasi sorpreso da queste parole:
“Gli occidentali sono proprio forti, per questo dominano il mondo! Come noi sono nati dal lupo (si riferisce alla leggenda dei capostipiti di Roma allevati da una lupa, simile a quella della nascita del popolo mongolo) ma forse se ci fossimo scontrati (l’impero mongolo fu il più esteso della terra) avremmo perso perché loro sono proprio feroci, ancora oggi mangiano con spade e forconi e stringono fra i denti l’acciaio.”
Mi ero abituato, nelle zone più arretrate della Cina, ad essere chiamato “demone” a causa dei nostri occhi grandi che ad un orientale sembrano quelli di una persona perennemente arrabbiata, ma non avevo mai sentito una simile dissertazione sull’uso di forchette e coltelli, una così strana osservazione sulla “mia” cultura. Rimasi con le bacchette che, come loro stavo usando per mangiare, a mezz’aria.
La civiltà occidentale viene vissuta come fortemente aggressiva, nonostante i valori e buoni propositi che promulga.
L’autore del Daodejing scrive in un mondo che probabilmente non conosce questa ambiguità e quando dice che le armi sono strumenti di morte e che il saggio le usa contro la sua volontà significa, semplicemente, che il saggio per proteggere la Vita le usa senza trovare in ciò alcuna contraddizione.
E’ risaputo che impugnare un’arma senza saperla usare è peggio che non averla affatto.
Lo stesso dicasi di chi non ha una conoscenza magistrale (Gong Fu) delle tecniche marziali e poi pretende che funzionino nella realtà…
“Le usa” significa che il saggio conosce perfettamente e coltiva le arti marziali, ma essendo strumenti di morte le applica solo quando non può farne a meno.
Per lui la guerra, il ferire e la morte, non sono un gioco.



Dante basili

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